Abbiamo a lungo parlato dei problemi legati a un’alimentazione sbagliata. I mesi estivi sono passati; la prova bikini ormai è superata e alcune fra le cene più impegnative e abbondanti dell’anno sono all’orizzonte. Si è fatto il tempo di tenere a mente non solo i rischi per la linea, ma anche quelli per altri aspetti della nostra forma fisica, ad esempio il sonno. Sappiamo che alcuni neurotrasmettitori e ormoni sono responsabili del ciclo del sonno; aggiungiamo, a questo punto, che la loro attività può essere condizionata da alcuni nutrienti provenienti dalla nostra alimentazione. Ecco perché, a influenzare la quantità e la qualità del sonno non è solo il tipo di cibo che mangiamo, ma anche le combinazioni di alimenti e le porzioni assunte.
A fine pagina troverete un grafico, semplice ma esaustivo, per orientarvi tra gli alimenti che è più o meno consigliabile assumere prima di dormire.
Per adesso limitiamoci a spiegare quali sono i fattori che possono alterare il ciclo sonno-veglia correlabili alle abitudini alimentari.
Gli alimenti che partecipano alla sintesi di ormoni e neurotrasmettitori come la dopamina, l’adrenalina e le noradrenaline rendono più difficile il sonno, quelli che invece aiutano la regolazione della melatonina e della serotonina lo favoriscono. Specie la sera, dunque, sarà utile prevedere il consumo di alimenti ricchi di triptofano, un aminoacido essenziale utile per la formazione di melatonina e serotonina, che in natura è contenuto in alimenti come: latte, banane, avocado, ananas, fagioli secchi, frumento integrale, ceci, fave secche, lenticchie, piselli, spinaci, arachidi, mandorle, nocciole formaggio, uova, carne e pesce.
Per garantire al nostro corpo una buona qualità del sonno occorre fornire, come base, un apporto adeguato di componenti nutrizionali quali:
La scienza sta dimostrando che la cannabis terapeutica è in grado di alleviare e talvolta reprimere i sintomi del morbo di Crohn.
L'esperienza di migliaia di pazienti che utilizzano cannabis terapeutica riporta che questo tipo di trattamento è molto efficace per trattare e reprimere il dolore, l'infiammazione i carmpi e la nausea. Ogni anno nuovi studi confermano che l'utilizzo controllato di cannabis terapeutica può essere una concreta possibilita di terapia ed una alternativa o integrazione ai trattamenti tradizionali con farmaci di sintesi.
Purtroppo nonostante i buoni propositi, c'è ancora molta reticenza e disinformazione, infatti, nel sito della fondazione americana “Crohn's and colite foundation of America”, la possibilita di cura con cannabis non è neanche menzionata e definisce il trattamento con gli oppiacei l'unico trattamento disponibile per alleviare i sintomi del dolore.
Si pensa che la malattia autoimmune del sistema digestivo sia incurabile e che spesso la degenerazione di questo tipo di patologia possa portare ad un intervento chirurgico.
1,4 milioni di Americani hanno diagnosticata una qualche sindrome di questa malattia e molto spesso i farmaci prescritti sono FANS, derivati cortisonici o analgesici narcotici.
Curare la malattia infiammatoria intestinale con i farmaci esistenti è attualmente una delle più grandi sfide nel campo della gastroenterologia. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24530133
Nel 2011 uno studio autorevole ha sottoposto un cospicuo numero di pazienti affetti da morbo di Crohn al trattamento con cannabis terapeutica. La maggior parte di questi ha riscontrato un effetto benefico nel controllo dei sintomi. Dati incoraggianti sono stati riscontrati anche nei pazienti con colite ulcerosa.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4126607
Alcuni ricercatori nel 2014 portando avanti uno studio prospettico controllato con placebo hanno dimostrato quello che in gran parte era stato anticipato da rapporti aneddotici e dalla storia di una piante che anche in antichità veniva utilizzata per la cura dei disturbi intestinali, vale a dire che la cannabis produce significativi benefici nei pazienti con malattia di Crohn. I meccanismi del perchè di questo effetto è ancora poco chiaro, ma probabilmente l'effetto è dovuto ad una attivazione periferica e centrale dei recettori CB1 e CB2. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4076530/figure/F1
Nel 2002, i ricercatori hanno osservato che il THC “modula la risposta immunitaria dei linfociti T” e questo potrebbe spiegare l'efficacia antiinfiammatoria di questo composto. Il potenziale terapeutico è interessante anche per altre patologie come sclerosi multipla e artrite. http://www.cannabis-med.org/english/bulletin/ww_en_db_cannabis_artikel.php?id=133&search_pattern=crohn#10
Nel 2004 ricercatori tedeschi hanno osservato che il sistema cannabinoide svolge un ruolo fondamentale nel controllo del processo infiammatorio dell'intestino crasso (Colon).
Nel 2013 si è scoperto che un altro importante cannabinoide il Cannabidiolo (CBD) che sembra essere coinvolto nel processo di spegnimento dell'infiammazione. Il CBD riduce, nel caso della patologia del morbo di Crohn, il danno alla mucosa intestinale causata dall'interleuchina pro-infiammatoria 17A. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24238999
Nel 2014, si è notato che nei topi il potenziamento del sistema endocannabinoide porta alla scomparsa totale della colite ulcerosa
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24530133
Un questionario del 2011 che ha coinvolto 291 pazienti israeliani ha dimostrato che l'utilizzo di cannabis fosse più comune di quanto si pensasse, infatti il 33% dei pazienti con colite ulcerosa e il 50% dei pazienti con morbo di Crohn utilizzava cannabis per alleviare i sintomi dei dolori addominali, della diarrea e della riduzione di appetito.
Sempre in Israele, uno studio del 2011 ha evidenziato che dei 30 pazienti coinvolti che utilizzavano cannabis , 21 riportavano un significativo miglioramento dello stile di vita. La media dell'indice Harvey Bradshaw migliorava da 14 a 7. La necessità di utilizzare anche altri farmaci risultava significativamente ridotta.
Dopo 3 anni di trattamento con cannabis terapeutica, solo 4 pazienti hanno continuato l'uso dei corticosteroidi e solo in 2 sono ricorsi all'intervento chirurgico. Gli autori dello studio hanno quindi espresso un forte parere positivo vista la riduzione delle sintomatiche della malattia e dell'associazione di farmaci di sintesi o interventi chirurgici.
Nel 2013 dei ricercatori hanno dimesso con remissione completa della malattia di Crohn 5 soggetti su 11 in trattamento con cannabis terapeutica. Lo studio prospettico ha coinvolto 21 individui controllati con placebo. Lo studio ha dimostrato anche che un trattamento di 8 settimane con una varietà di cannabis ricca di THC produce effetti migliori dei corticosteroidi in 10 pazienti su 11.
I pazienti assumevano la cannabis non solo tramite inalazione, ma anche in forma di supposte o prodotti commestibili.
Proprio inerente all'inalazione uno studio pubblicato nel 2013 riporta che l'assunzione tramite vaporizzatore non riporta significativi effetti collaterlai e che se il paziente tollera questa sensazione psicoattiva causata dal THC si riesce a stimolare maggiormente l'appetito e la qualità del sonno migliora.
Lo studio riporta anche che la cannabis è meno tossica degli oppiodi e non ha ripercussioni sul fegato come invece hanno molti farmaci di sintesi come i comunissimi FANS.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23648372
Questo argomento molto delicato trova ampio spazio su internet e se non si filtrano le giuste informazioni si può trovare tutto e il contrario di tutto. Per questo cito questo studio pubblicato nel mese di Giugno 2015, redatto da due scienziati che hanno dedicato la loro vita di ricercatori nell'approfondire le potenzialità della Cannabis nella lotta al cancro.
Come si legge, le prospettive sono incoraggianti, ma molta strada deve essere ancora percorsa, perché gli studi fatti fino ad oggi sono su cellule tumorali coltivate in vitro o su animali.
Clinical Pharmacology & TherapeuticsVolume 97, Issue 6,
Cannabis in Cancer Care
DI Abrams1 and M Guzman2
1Hematology-Oncology, San Francisco General Hospital, Department of Medicine, University of California San Francisco, San Francisco, California, USA;
2Biochemistry and Molecular Biology, School of Biology, Complutense University, and Centro de Investigacion Biomedica en Red sobre Enfermedades Neurodegenerativas (CIBERNED), Madrid, Spain.
CANNABINOIDS AS ANTICANCER AGENTS
….Cannabinoids may exert their antitumor effects by a number of different mechanisms, including direct induction of transformed cell death, direct inhibition of transformed-cell growth, and inhibition of tumor angiogenesis and metastasis….Despite these impressive in vitro and animal model findings regarding the potential antitumor effects of cannabinoids, there is still no solid basis for ongoing claims by proponents of highly concentrated cannabis extracts or oils that these preparations can “cure cancer.”…… Although the in vitro and animal evidence is intriguing, there have not yet been any robust human studies
investigating cannabis as an anticancer agent that would warrant advising patients to forego conventional therapy in favor of using a high-potency cannabis extract. Patients who choose to delay conventional therapies in the hopes of benefiting from a trial of cannabis oil against their cancer risk the possibility of having a potentially treatable cancer become incurable. As the preclinical evidence suggests that cannabinoids might enhance the antitumor activity of conventional chemotherapeutic agents as well as ameliorate
associated side effects, the addition of cannabinoid-based preparations to standard cancer therapy should not be discouraged by the treating oncologist.